Bill Cunningham

Bill Cunningham e il fashion street style – di Federicapaola Capecchi

Le strade di Manhattan, una inseparabile 35 mm, scarpe da tennis, una pagina fotografica domenicale sul New York Times e Bill Cunningham racconta la storia della moda; soprattutto da vita al fashion street style.

“La migliore passerella è senza dubbio la strada. Lo è sempre stata e sempre lo sarà.” Bill Cunningham

È nel 1968 che Bill Cunningham inizia un progetto, che durerà ben 8 anni, in cui documenta la bellezza architettonica e la forza della moda di New York. Lo fa girando in bicicletta,“saccheggiando” negozi dell’usato, fiere di abbigliamento vintage e fotografando i suoi modelli in costumi d’epoca, relazionandoli sempre a palazzi e /o architetture storiche o significative. Ne fa un libro fotografico, Focades. Un progetto audace, ancor più in un momento in cui le questioni che riguardavano la conservazione dell’ambiente e i problemi dello sviluppo del paesaggio urbano erano un tema caldo.

Questo suo approccio fotografico è anche una forma di analisi sociale e antropologica. Racconta con la sua macchina fotografica non solo un progresso urbano e architettonico ma anche e soprattutto il modo in cui la città di New York respira e vive la vitalità della moda. È capace di identificare uno stile, sempre, in tutte le sue forme,indipendentemente da chi indossa i vestiti. E non ha mai voluto lavorare per alcuna casa di moda. “Se non prendi soldi, non possono dirti cosa fare … Il denaro è la cosa più economica. La libertà, la libertà, è la più costosa.” Bill Cunningham

La sua è la storia di un uomo per il quale la grande gioia della vita deriva dall’immersione totale nell’ossessione artistica; ne è stato fatto anche un film, “Bill Cunningham New York”con la regia di Richard Press, che gli riconosce, doverosamente, il ruolo di pioniere, progenitore del fashion street style inteso come forma d’arte e di espressione. Dopo, solo dopo, possiamo citarne come esponenti Tommy Ton, Scott Schuman, YvanRodic aka The Facehunter o Garance Doré, ma solo dopo.

Nasce a Boston, abbandona velocemente l’Università di Harvard per trasferirsi a New York, dove inizialmente si occupa di pubblicità e poi si mette a vendere cappelli con il marchio “William J.” (Si racconta che i cappelli fossero una sua ossessione. Fin da piccolo, durante la Messa in Chiesa, veniva continuamente distratto dai cappelli delle Signore). Dopo essere stato con l’esercito americano nella guerra di Corea, torna a New York e inizia a scrivere come giornalista per il Chicago Tribune, facendo grandi passi avanti nel giornalismo di moda. È in questo periodo che inizia a scrivere anche per Women’s Wear Daily, e, soprattutto, è in questo frangente di coincidenze storiche e giornalistiche che nota e rimane affascinato dallo stile della gente comune che cammina per le strade. È questa fascinazione che lo porta a prendere la sua macchina fotografica e iniziare a scattare. Vive in uno studio appartamento di Carnegie Hall, scarno e disadorno, tranne per gli schedari pieni di lavoro, molti dei quali non pubblicati. Il suo studio non ha cucina né bagno. Grazie alle relazioni che ha coltivato per anni, molte delle quali sono personaggi della società o editori di spicco, Bill Cunningham è anche un riferimento nella scena sociale di New York. E di questa sua posizione ne fa racconto fotografico e antropologico. Anna Wintour, caporedattore di Vogue America, in occasione delfilm documentario di Richard Press, disse “ci vestiamo tutti per Bill […] uno scatto, due scatti. Oppure ti ignora, che è la morte”.

Fotografa la gente comune con la stessa frequenza e nello stesso modo con cui fotografa personaggi di spicco della società. È uno stile, un punto di vista inconfondibile. In un articolo – Bill onBill – uscito sul Times nel 2002, Cunningham spiega che per dare un quadro completo di ciò che le persone indossano è necessario coprire tre aree: le persone comuni che camminano per strada di giorno, persone di spicco della società, le passerelle durante le settimane della moda. Bill Cunningham non ama le celebrità, se ne tiene spesso alla larga, ma ama i bei vestiti, l’eleganza e la creatività stilistica,indipendentemente da chi disegna o indossa l’abito.

La sua musa, compagna di fotografia, Editta Sherman, compare spesso nelle sue fotografie. Bill fotografo  e l’antropologo culturale che è in lui  hanno raccontatole tendenze e la vitalità della moda e della creatività e hanno documentato i palazzi dei quartieri alti, le architetture, gli edifici eccentrici del centro,tutti in relazione gli uni agli altri: le persone all’architettura, gli abiti alla persona e agli edifici, tutto insieme in relazione al contesto e allo spazio urbano. Producendo così un’enorme quantità di lavoro più affidabile di qualsiasi passerella e di qualsiasi articolo scritto, come espressione di tempo, luogo e stile individuale e comune.

In quella seconda metà del ventesimo secolo di New York, tre le storie di visione e immaginazione: i diari di 16 mm di Jonas Mekas, l’opera multimediale di Warhol e la fotografia di Cunningham. I paralleli tra Bill Cunningham e Andy Warhol sono sorprendenti tanto che nella sequenza finale del film su Bill Cunningham, Richard Press segue l’unico riferimento fugace di Cunningham aWarhol. Mentre guardiamo il fotografo che lavora per le strade, la colonna sonora è “I’ll Be Your Mirror” dei Velvet Underground, la canzone più identificata con Warhol.

La moda è l’armatura per sopravvivere alla vita di tutti i giorni” Bill Cunningham

Mi sarebbe piaciuto potervi mostrare le sue fotografie nell’articolo, ma non mi è possibile. Alcune foto significative per questo pezzo le potete vedere QUI.  Altre … potete navigare come me, alla ricerca di Bill Cunningham 😉

Federicapaola Capecchi

PhotoMilano club fotografico milanese

Francesco Tadini ha costituito – vedi la sua pagina su questo sito all’indirizzo https://photomilano.org/francesco-tadini/ – nel giugno 2017, il gruppo Facebook Photo Milano, passione (e non solo) per la fotografia che raggiunge e unisce, attualmente, l’attività di più di 2600 iscritti. Il club fotografico ha sede presso un’altro progetto di Francesco Tadini: la Casa Museo Spazio Tadini in via Niccolò Jommelli 24 a Milano che – insieme all’altra fondatrice della casa museo, Melina Scalise e alla curatrice e agente fotografica (oltre che coreografa di fama) Federicapaola Capecchi – supporta l’attività del club con l’organizzazione di mostre fotografiche, workshop e serate di presentazione.  Alle esposizioni collettive e personali  – da giugno 2017 a oggi – hanno partecipato centinaia di fotografi milanesi e non. Il progetto di PhotoMilano è nato con l’intento di unire e rafforzare le relazioni tra fotografi professionisti – di vari settori – e le migliaia di appassionati che nella fotografia trovano non solo uno svago, ma un’occasione vitale di crescita.

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