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Elisabetta Gatti Biggì, Profughi a Spazio Tadini

Un naufragio, è quando l’esistenza può disperdersi. Gettati nella vita, la affrontiamo prendendo continue decisioni, dibattendoci nella nostra presenza. Nascita, morte, dolore sono i limiti in cui ci muoviamo e in cui è chiusa la nostra esistenza. E’ la nostra impotenza dell’Essere, come sosteneva il filosofo e psichiatra Karl Jaspers.Ma nelle pieghe profonde dell’esistenza, negli abissi dentro ognuno di noi, lì siamo chiamati a confrontarci con la colpa, la sofferenza, la mancanza. Lì, nella situazione limite, l’Essere trascende, oltrepassa, tende senza sosta verso l’assoluto.Questo è il racconto della mia trascendenza. Del mio perdermi per ritrovarmi.

Naufragium meum.

“Ho esplorato parti di me che ho lasciato libere di esprimersi.

Ho lasciato che la mente abbandonasse il corpo a godere il silenzio, il buio, la leggerezza del peso, l’andamento delle onde.

Ho ascoltato il battito del mio cuore, e le più profonde emozioni che spingevano per uscire.

Ho lasciato che il mio Essere seguisse il suo senso, dolori antichi e assenze potenti.

Emozioni nascoste, emozioni che volevano – dovevano – trovare la loro via.

Poi, l’urgenza di respirare. Un’impotenza violenta, assoluta.

Ho resistito fino al limite, tempie pulsanti e petto asfittico.

Il silenzio si è squarciato in un friggere ovattato di bolle, il buio si è spalancato sulla luce dalla superficie.

Tendere in su aprirsi spalancarsi lasciare che tutto venisse rimesso in discussione.

Uscirne.

Viva.

Non so come.

Ma là sotto, è successo.”

Elisabetta Gatti Biggì

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