Matteo Garzonio: Omaggio a Emilio Tadini, artista civico e “ciclopico” – a Spazio Tadini dal 23 febbraio. Quando Francesco Tadini ci ha proposto di portare un nostro contributo alla mostra in omaggio di suo padre, Emilio Tadini, ho iniziato a cercare delle affinità, un terreno comune in cui la mia ricerca fotografica potesse parlare all’artista, ma anche all’uomo Tadini.
Naturalmente ho iniziato a documentarmi, a scoprire le sue opere e sono rimasto particolarmente affascinato dalla serie di dipinti “Le Città italiane” con le loro architetture fantastiche e i colori vivi, saturi che mi comunicavano amore e passione.

Emilio Tadini in bici – foto Archivio Tadini
Emilio Tadini in effetti era un “cittadino”, amava la città e in particolare la sua Milano, dove era nato e cresciuto, vivendo la guerra e poi la rinascita. Mi si è quindi accesa l’idea di andarlo a cercare sulle pagine del Corriere della Sera il giornale milanese per eccellenza e lì mi si è aperto un mondo, forse meno noto, ma per questo non meno interessante.
Sfogliando gli archivi ho scoperto che Tadini ha collaborato con il Corriere per circa 40 anni, firmando centinaia di articoli scritti tra il 1963 e il 2001. E’ stata una ricerca avvincente, un amarcord dai ’70 ai ’90 che mi ha fatto scoprire, accanto a quello artistico, il suo impegno civico. Infatti sul quotidiano, oltre a scrivere di arte e letteratura, recensendo libri, mostre e partecipando autorevolmente al dibattito culturale, Emilio scrive di Milano, mostrando, oltre al già citato amore, una profonda conoscenza delle dinamiche cittadine e portando avanti idee e proposte innovative inerenti problemi purtroppo ancora attuali. Prende parte alla discussione sull’urbanistica occupandosi del destino di luoghi pubblici simbolo quali Brera, piazza Mercanti, piazza Vetra e soprattutto cerca di opporsi al degrado di Piazza Duomo indicando soluzioni fattibili per riportarla al suo ruolo di moderna agorà:
“Prendiamo Piazza dei Duomo… io credo che non manchi, da parte dei Milanesi, la voglia di “abitarla”. Quello che manca è, piuttosto, l’abitabilità. Se vi capita di guardarla dall’alto, vedrete che in Piazza del Duomo c’è sempre un mucchio di gente che si siede sui gradini della Cattedrale e sullo scalone dell’Arengario e sulla base del monumento. E’ evidente: quella è gente che, per una ragione o per l’altra, ha una gran voglia di sostare in piazza, ma che non è minimamente aiutata a farlo in modo decoroso. Ci sarebbe un modo per sistemare le cose. Un modo semplice, poco costoso e assolutamente perfetto secondo me. Basterebbe piantarci, nella vastità sconcertante della piazza, un belpo’ di alberi e disporre sotto gii alberi tavoli e panchine fissate a terra e un po’ di poltroncine di metallo spostabili, perché è piacevole anche andare a sedersi dove si vuole, nella piazza, mettersi al sole, all’ombra. …”
Questa idea semplice e intelligente venne ripresa oltre dieci anni dopo, con grande fortuna mediatica, ma ugualmente inascoltata, da Claudio Abbado.
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Per me comunque la scoperta più interessante e coinvolgente, il terreno comune di cui parlavo all’inizio e la scintilla che ha indirizzato il mio progetto fotografico è l’interesse dimostrato per i temi relativi alla vivibilità della città e in particolare alla mobilità. Tadini è un ciclista urbano convinto, come lo ritrae spiritosamente il suo amico Tullio Pericoli e come si apprezza nella bella foto che ho incluso nel progetto (tratta dal sito https://emiliotadini.wordpress.com/). Vede la promozione dell’uso della bicicletta come un antidoto efficace alla crescita incontrollata del traffico e dell’inquinamento e denuncia la scarsa lungimiranza delle Amministrazioni milanesi nel non affrontare questi problemi. Nel 2001 scrive sul Corriere:
“… dei cittadini che usano la bicicletta, in realtà, non ci si preoccupa più che tanto. Gente piuttosto bizzarra i ciclisti, o, molto semplicemente, un branco di poveracci che non possono concedersi quel segno di prestigio che è costituito dalla possibilità di andare in giro, arrovellandosi, certo, per le difficoltà della circolazione, ma tirandosi dietro la schiena, orgogliosamente, qualche metro cubo di
lamiera. Ah, se penso a una città come Amsterdam, a tante città dell’Emilia e della Romagna, a quelle strade piene di biciclette… Che invidia! Incoraggiarlo, bisognerebbe, l’uso della bicicletta, è evidente. Basterebbe un po ‘ di buonsenso. Ma, naturalmente bisognerebbe prima diminuire il tra fico, eliminare i parcheggi in doppia e tripla fila, chiudere alla circolazione certe strade e certe piazze. Figuriamoci. Il tra fico è bello! Più traffico, più affari! e altre assurdità del genere. Perché non soltanto il veleno indiscutibilmente nocivo che esce dai tubi di scappamento di tante auto ci fa ammalare e ci uccide, il che è un bell’affare non c’è che dire. … Incoraggiamo/,, i ciclisti, ché conviene a tutti. Mettiamo loro a disposizione strade e corsie privilegiate, le quali ultime, a Milano, siamo sinceri, fanno francamente piangere. …”
Sono passati diciassette anni, ma le sue parole risultano ancora attualissime. Insomma si può dire che Tadini sia stato un ambientalista ante litteram. Già nel 1984 insieme agli amici Inge Feltrinelli, Milva, Alberto Dall’Ora, Ferruccio Soleri forma il gruppo dei “ciclopici” una sorta di lobby (prima di ciclobby) a favore delle due ruote che incontra Sindaco e Assessori per chiedere più sicurezza per i ciclisti, sollecitando la creazione di piste ciclabili e isole pedonali.
La mia adesione alla causa, come ciclista convinto (socio di “ciclobby” che ha raccolto appunto il testimone dei “ciclopici”), e la mia lunga militanza ecologista, che mi ha portato nel 2011 ad entrare nella Consulta cittadina per l’attuazione dei referendum ambientali, mi fanno sentire particolarmente vicino Emilio, che di queste idee è stato pioniere appassionato ed autorevole.
Alla fine della mia ricerca è venuto quindi naturale omaggiare Tadini attraverso un progetto fotografico di strada in cui i protagonisti fossero le biciclette, i ciclisti milanesi e alcuni luoghi simbolo della nostra città. Emilio però, prima che civico e “ciclopico”, era soprattutto il grande artista che conosciamo e, ispirandomi ad alcuni suoi quadri, ho cercato di selezionare immagini che avessero una vena onirica e surreale aiutata dai colori saturi (o dalla loro assenza). Il senso di questa mini serie e più in generale della mia ricerca fotografica in ambito “street” è riassunto bene da questo pensiero di Melina Scalise, posto a commento di una delle immagini che propongo: “quando ci muoviamo per queste città concentrati sulla sostanza delle cose, sul pragmatismo necessario alla sopravvivenza ecco che ci sorprende cogliere quanto l’inconsistenza, l’incostanza, ciò che esula al controllo del coscente, quello scarto imprescindibile dell’essere sappia a vote definirci meglio di qualunque forma o formalità. ”
Milano, 13 febbraio 2018
Matteo Garzonio
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La mostra fotografica Omaggio a Emilio Tadini è allestita parallelamente a:
Il ‘900 di Emilio Tadini
a cura di Francesco Tadini e Melina Scalise
inaugurazione mostra venerdì 23 febbraio 2018 dalle ore 18:30
Aperta al pubblico fino al 18 marzo.
In occasione dei dieci anni di attività della
Casa Museo Spazio Tadini
sito web: https://spaziotadini.com/
via Niccolò Jommelli 24, 20131, Milano
ORARI DI APERTURA della mostra: Mattino: solo su appuntamento
Pomeriggio: da mercoledì a sabato dalle 15.30 alle 19,30
domenica dalle 15 alle 18.30
Ingresso: 5 euro – bambini gratis- associati o abbonati (ingresso libero)- La casa Museo offre periodicamente anche ingressi liberi a tutti per alcuni eventi.
Per ulteriori informazioni:
Francesco Tadini – mail francescotadini61@gmail.com – mob. +39 366.26.32.523 – sito: http://francescotadini.it/
Melina Scalise (presidente di Spazio Tadini) – mail ms@spaziotadini.it – mob +39 366.45.84.532

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