fotografia

Cesare Augello, Profughi a Spazio Tadini

Una chiave qualsiasi può essere una cosa banalissima per chiunque. La chiave di casa è un oggetto indispensabile per tutti, per poter rientrare nella propria abitazione, in casa dopo una giornata trascorsa al lavoro o in giro per la città. La chiave che ti apre la porta del luogo dove ognuno di noi trova rifugio e riparo, un luogo sicuro, protetto e lontano da pericoli sia psicologici che fisici. La chiave è qui il simbolo di una speranza (illusione) che iniziò nel 1948 (prima guerra arabo-israeliana) e successivamente con la guerra dei 6 giorni (1967), anni in cui i palestinesi furono evacuati e fatti sgombrare dalle loro case e si portarono via (le chiavi di casa) convinti di poter ritornare al più presto nelle proprie abitazioni. La chiave è vista come un simbolo per i profughi palestinesi; profughi nella loro stessa terra, non per loro volontà ma per volontà di qualcun altro. La voglia e la speranza di pace è qui rappresentata su un murales da una bimba che guarda al di là del muro e un bambino con una colomba che in bocca porta una chiave al posto del ramo di ulivo.

La Chiave (non è il titolo del film!)

Una chiave qualsiasi può essere una cosa banalissima per chiunque. 
La chiave di casa è un oggetto indispensabile per tutti, per poter rientrare nella propria abitazione, in casa dopo una giornata trascorsa al lavoro o in giro per la città. La chiave che ti apre la porta del luogo dove ognuno di noi trova rifugio e riparo, un luogo sicuro, protetto e lontano da pericoli sia psicologici che fisici. La chiave, è qui il simbolo di una speranza (illusione) che iniziò nel 1948 (prima guerra arabo-israeliana) e successivamente con la guerra dei 6 giorni (1967), anni in cui i palestinesi furono evacuati e fatti sgombrare dalle loro case e si portarono via convinti di poter ritornare al più presto nelle proprie abitazioni.
La chiave è vista come un simbolo per i profughi palestinesi; profughi nella loro stessa terra, non per loro volontà ma per volontà di qualcun altro.
In questa foto una enorme chiave è all’ingresso del campo profughi di Betlemme, l’Aida Camp, abitato da circa 6.000 persone. È posizionata su un arco di cemento e delimita i confini con lo squallido muro che separa i Territori Palestinesi dallo Stato di Israele. La voglia e la speranza di pace è anche rappresentata su un murales da una bimba che guarda al di là del muro
e un bambino con una colomba che in bocca porta una chiave al posto del ramo di ulivo, nell’attesa di avere riconosciuto un diritto richiesto da anni: “Il diritto di Ritorno”.

Cesare Augello

Approfondisci la mostra Profughi

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.