Porta Venezia, Milano. Quartiere multiculturale, multietnico, ricco di attività commerciali e ristorative tra le più varie… Porta Venezia ha i Giardini pubblici Indro Montanelli, il Planetario, uno dei più importanti Musei di Storia Naturale del mondo, gallerie e Fondazioni d’arte, palazzi storici e moderni rappresentanti gli stili più vari…
Porta Venezia – Indice dei contenuti:
Albergo Diurno Venezia – di Laura Caligiuri
L’angolo del Liberty in Porta Venezia, di Roberto Ferrigno
Porta Venezia: Villa Reale di Milano – Galleria d’Arte Moderna GAM, di Luisa Grassi
Associazione Amici delle Bocce di via Morgagni a Porta Venezia, di Federicapaola Capecchi
Stazione di Milano Porta Venezia del Passante Ferroviario, di Giovanni Paolini
La zona di Porta Venezia raccontata dai fotografi e reporter di PhotoMilano
Questa pagina si svilupperà dinamicamente. Qui verranno inserite gallery fotografiche e brevi articoli: informazioni e documentazione sugli eventi e manifestazioni più disparate, dalla cultura allo shopping, dal design alla ristorazione. E non mancherà una corposa sezione di ritratti ai personaggi che popolano uno dei distretti più rappresentativi di Milano. A ciò, naturalmente, si aggiungerà uno sguardo particolare sui monumenti, sui Palazzi noti (e meno noti) che sono meta, anche, del turismo più raffinato e informato.
I fotografi del club fotografico PhotoMilano (quasi 3000 iscritti solo al gruppo Facebook) sono narratori d’eccezione di Porta Venezia, convinti che la città (come i suoi quartieri) non sia solo di chi la abita, ma soprattutto di chi la anima con il proprio lavoro – con impegno quotidiano – o con la propria presenza alle attività della zona.
I primi reportage che inaugurano questo piccolo grande ritratto di Porta Venezia (il primo in ordine di lettura è già diventato una mostra fotografica) sono dei seguenti membri del club fotografico milanese: Laura Caligiuri, Roberto Ferrigno, Luisa Grassi, Federicapaola Capecchi e Giovanni Paolini.
Albergo Diurno Venezia – di Laura Caligiuri
Per una serie di concause ed una curiosità che sono riuscita a soddisfare pienamente, circa un anno e mezzo fa mi sono trovata a visitare l’Albergo Diurno Venezia. Si trova in Piazza Oberdan, dove finisce Corso Buenos Aires, a Porta Venezia, appunto.
Per accedervi occorre scendere qualche gradino che porta alla stazione della metropolitana, ma l’ingresso sfugge allo sguardo se non si sa dove sia ubicato. Anonimo, nulla che attiri l’attenzione di un popolo che corre frettolosamente avendo come unica meta la banchina del treno che lo porterà chissà dove.
E aperta quella porta… la meraviglia!!! Premesso che amo i luoghi abbandonati e le cose un po’ fané, mi è sembrato di entrare in un sito magico.
L’Albergo Diurno Venezia fu costruito ove precedentemente si trovava il Lazzaretto di Milano, citato da Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi. Quando fu smantellato diventò un grande ricettacolo di persone poco abbienti e di piccoli e grandi criminali, che vivevano e ordivano i loro piani al limite della città.
Alla fine del XIX sec. e all’ inizio del XX, l’area dell’ ex Lazzaretto venne riqualificata con la costruzione di bei palazzi nel quadrilatero tra Piazza Oberdan, Via Tadino, Via Panfilo Castaldi e Corso Buenos Aires, la piazza abbellita da alberi che oggi non ci sono più. Ed è proprio sotto a questa che si trova il Diurno Venezia. Presenza sotterranea ed invisibile. Costruito su progetto dell’ Architetto Piero Portaluppi, fu terminato nel 1925 ed inaugurato nel 1926. Trattavasi dei bagni pubblici e delle terme che consentivano ai viaggiatori in carrozza o con i tram a cavallo (che arrivavano fin da Monza!!!), di riposarsi, lavarsi ed imbellettarsi prima di entrare nella città meneghina. Nel tempo si sono insediati, oltre al barbiere, anche un negozio di fotografo ed un’ agenzia viaggi.
A metà anni ‘90 la chiusura definitiva. Per qualche anno, dal 2014 al 2017 è stato possibile visitare questo gioiello Art déco di proprietà del Comune grazie al FAI. Ma ho divagato. Tornando alla mia visita, dopo circa due settimane mi si è presentata l’ occasione di fotografare la compagnia di Teatro- Danza Sanpapiè durante la prima del loro spettacolo site-specific (ovvero ideato per quel luogo) “MEMOIRE”. Lì al Diurno!!! E la magia si è fatta realtà. Altrettanto casualmente, a nemmeno un mese di distanza dall’evento, un tal Francesco Tadini, che aveva da poco costituito il gruppo PhotoMilano, innamoratosi di questo mio lavoro, me lo ha fatto esporre come pocket photo exhibit presso la Casa Museo Spazio Tadini. E il sogno è diventato realtà.
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L’angolo del Liberty in Porta Venezia, di Roberto Ferrigno
A Milano sono presenti diversi esempi di architettura Liberty o Art Nouveau, come viene anche chiamata. Tra questi, mi ha sempre impressionato, il breve tratto di strada da via Malpighi fino all’incrocio con via Melzo, perché nel giro di pochi metri si costeggiano tre degli edifici Liberty più belli di Milano.
Al civico 3 di via Malpighi si trova quello più appariscente dei tre, la Casa Galimberti. Fu progettata dall’architetto Giovanni Battista Bossi e fu realizzata tra il 1902 ed il 1905. È più appariscente perché le facciate sono decorate con piastrelle raffiguranti figure femminili e maschili, piante e fiori dipinte con colori molto vivaci.
Le facciate hanno uno sviluppo fortemente verticale, la disposizione delle finestre e dei balconi è molto regolare. Si può dire che l’originalità dello stile Liberty si manifesta soprattutto nelle decorazioni delle facciate esterne, mentre la disposizione interna degli appartamenti è molto tradizionale. Questo è forse dovuto al fatto che gli appartamenti del palazzo erano destinati ad essere dati in affitto.
Pochi passi più avanti, al civico 12 della stessa via Malpighi, si trova Casa Guazzoni, sempre dell’architetto Bossi. Qui l’architetto segue una strada molto diversa, pur rispettando i canoni dello stile.
Non vengono utilizzate maioliche per le decorazioni esterne, ma cementi in forma di putti, teste femminili e vegetali. L’ingresso, l’illuminazione e la rampa delle scale sono molto curate, in particolare la lampada alla base delle scale e la ringhiera delle scale sono di fattura particolarmente pregevole. Anche sulla facciata numerosissimi e molto elaborati sono i fregi in pietra ed in metallo.
Volgendo le spalle alla Casa Guazzoni si presenta davanti a noi l’Ex Cinema Dumont, terminato nel 1910 ad opera degli architetti Ferdinando Tettamanzi e Giovanni Mainetti. L’edificio fu una delle prime sale cinematografiche edificate appositamente per questo scopo ed aveva 500 posti. L’edificio originario era molto più grande di quello che rimane ed era decorato anche sui lati, mentre oggi sono rimaste solo le decorazioni della parete anteriore.
Venne utilizzato fino al 1932, dopodiché subì diversi cambi di destinazione. Più recentemente, dopo varie ipotesi di impiego dell’area da parte del Comune di Milano, una mobilitazione dei cittadini del quartiere ha fatto sì che l’edificio venisse mantenuto e destinato a Biblioteca Comunale, sua destinazione attuale.
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Villa Reale di Milano – Galleria d’Arte Moderna GAM, di Luisa Grassi
La Villa reale di Milano costruita nel 1796 dall’architetto austriaco Pollack, collaboratore del Piermarini, è all’inizio la residenza del conte Lodovico Barbiano di Belgioioso che decise di edificarla in via Palestro tra il centro di Milano e corso Venezia, ai tempi era l’ingresso per chi giungeva a Milano arrivando da Vienna.
La villa è composta da tre piani, con due ali più basse che formano una corte d’onore. Dal 1921 è la sede della Galleria d’arte moderna, nel dopoguerra si decise di circoscrivere la villa all’arte dell’ottocento e destinare al Padiglione d’arte contemporanea le opere del 900.
Il Pac venne realizzato nel 1955 dall’architetto Gardella, nelle ex scuderie distrutte durante il secondo conflitto mondiale.
In seguito all’attentato al Pac del 1993 furono eseguiti numerosi interventi di restauro che durarono fino fino al 2006.
La palazzina vicino a Porta Venezia ha due facciate una è l’ingresso alle sedi espositive, al suo interno troviamo al primo e al secondo piano opere del XVIII e XIX secolo, grazie alle numerose donazioni di collezionisti privati, in questo edificio neoclassico possiamo trovare opere di Francesco Hayez, Pompeo Marchesi, Andrea Appiani, Giovanni Segantini, , Giuseppe Pellizza da Volpedo, Antonio Canova, Daniele Ranzoni, Medardo Rosso, , Giovanni Boldini, Amedeo Modigliani.
L’altra facciata nascosta è visibile entrando dal retro dove ci sono i giardini, che sono i primi giardini all’inglese costruiti a Milano, al suo interno troviamo un laghetto con le immancabili papere, diversi ponticelli, un tempietto e una cascatella, nella parte dietro il Pac I sette savi di Melotti, il tutto villa compresa per un totale di 24000 metri quadrati. Esiste una regola per visitare i giardini di Villa Reale gli adulti possono entrare solo se accompagnati da bambini, ma visto che non c’è nessuno che controlla anche gli adulti possono tranquillamente entrare.
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Associazione Amici delle Bocce di via Morgagni a Porta Venezia, di Federicapaola Capecchi
Non è il cuore delle sfilate o del design, non sono vie congestionate dalla fretta né ambiscono ad essere cool nemmeno nei locali. È uno degli angoli di Milano, che ancora esistono, un po’ senza tempo, dedicati alle cose semplici di una volta: trovarsi, fare due chiacchiere, giocare a carte o a bocce.
Soprattutto nessuno in via Morgagni, e nel quartiere, desidera che giocare a bocce divenga trendy come un happy hour stiloso. Un pomeriggio a curiosare e conoscere i protagonisti della Bocciofila – la Associazione Amici delle Bocce – di Via Giovanni Battista Morgagni a Porta Venezia. Un luogo molto noto a Milano e molto vivo, gestito da un’Associazione molto vitale e propositiva che ha a cuore l’identità del quartiere. Frequentata per l’intera giornata, da mattina a sera, insieme al parco giochi per i bambini, ha tavoli da gioco all’ombra di alberi secolari, e in alcune serate estive (vi ho partecipato con grande allegria) si trasforma in fulcro di grande convivialità.
Ognuno porta qualcosa da mangiare o esibisce le proprie abilità canore, musicali o danzanti. Un luogo di divertimento, di svago, di aggregazione. Un esempio della “vecchia” Milano solidale, umana e viva. Forse, da fuori, l’impressione da un sapore d’antan ma avvicinandosi e mettendosi a parlare con i protagonisti della Bocciofila si schiude un mondo di passioni autentiche – che non sono solo le bocce – e di piaceri genuini come giocare, ballare, stare insieme. Mi fermo e chiedo se posso seguire la partita a bocce che sta per cominciare. E se posso fare qualche foto. Gli uomini accettano tutti, subito, l’unica donna del gruppo, me lo vieta. Mi dice che non è perché non le piace la fotografia, ma che fin da piccola non le piace vedersi in foto. Donna dal piglio forte ma silenziosa.
È un attimo che il volto del Dino si fa teso, la vena sul collo comincia a pulsare. Hanno iniziato la partita. Io, che nemmeno sapevo le regole del gioco, capisco immediatamente, però, che per il Dino ogni partita è una questione di vita o di morte. È un gioco d’astuzia e di perizia, mica roba per divertirsi e passare il tempo. È così che mi appassiono al gioco e decido di capirne le regole, le mosse, le sfumature, le tattiche. Ed è un attimo che smetto di fare foto, ormai presa dal boccino, dai racconti della pensione, dell’ex combattente partigiano, di persone, di un quartiere della zona di Porta Venezia che ancora si sente una vera comunità. Giuseppe lascia a me un lancio. La boccia si ferma a tanto così, un tic, dal boccino. “Eccola” dice il Dino, e a me si gela il sangue nelle vene.
Giuseppe mi esorta a fare il secondo lancio mentre io fra me e me mi chiedo ma perché cavolo mi ficco sempre in situazioni difficili invece di starmene a casa a leggere un libro. Faccio “bocciata” così mi hanno detto che si dice. Il Dino, tra una parolaccia e l’accendersi una sigaretta, comincia a studiare il campo e il tiro. Io capisco che “il culo del principiante” ha determinato anche il momento della mia ritirata. Sarebbe da tornarvi più e più volte, stare con loro per molto più tempo, conoscerli, parlare. Farne un reportage. Li saluto, mi allontano prendendo la via di casa. E, lo so che non si fa, ma ho fotografato questa donna. Perché la città è anche questo. Purtroppo. “È il sole dei mesi freddi che mette la sua coperta addosso a quelli che non la tengono.” Erri De Luca
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Stazione di Milano Porta Venezia del Passante Ferroviario, di Giovanni Paolini
All’inizio di Corso Buenos Aires c’e uno dei più importanti nodi ferroviari di Milano , il Passante Ferroviario con la sua stazione Porta Venezia . Completamente sotterranea, è ubicata all’incrocio fra Viale Regina Giovanna e Corso Buenos Aires, nel centro di Milano
Le linee S del passante ferroviario collegano l’area dell’hinterland di Milano e il centro città, attraverso il Passante e lungo le linee ferroviarie di superficie.
Il Passante è lo snodo del servizio ferroviario milanese, ed è percorso dalle linee suburbane S1 (Saronno – Lodi), S2 (Camnago – Milano Rogoredo), S5 (Treviglio – Varese), S6 (Novara – Pioltello/Treviglio) e S13 (Milano Bovisa – Pavia) .La fermata costituisce un importante punto di interscambio con la linea 1 della metropolitana di Milano.
La stazione di Milano Porta Venezia venne attivata il 21 dicembre 1997. Fu progettata da Angelo Mangiarotti . E un’opera senza precedenti per le grandi dimensioni sia per le soluzioni tecniche innovative usate. Il sistema ferroviario dell’area milanese si trasforma in una rete ferroviaria passante, mediante quest’opera che attraversa in sotterraneo l’intera città ad una profondità media di 20 metri, con uno sviluppo complessivo di 18 chilometri circa e dieci stazioni di cui sei in sotterraneo e quattro in superficie.
La volta della galleria è percorsa da una serie di tubi paralleli, traversati dagli archi dai quali dipartono una serie di tiranti che reggono il mezzanino , costituito da un lungo corridoio esattamente sovrapposto al fascio binari.
Questa in sintesi la descrizione della stazione, nelle mie foto però troverete le mie impressioni su questo gioiello tecnologico a Porta Venezia, i suoi murales e i suoi spazi pubblicitari che stranamente risultano pannelli bianchi riempiti da grafiti di qualche writer milanese, la gente che passa davanti a questi spazi mi riempie di emozioni. E’ quasi un dialogo muto tra l’ arte e l’essere umano. Spero Vi piacciano. – Giovanni Paolini
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Categorie:Milano
grazie mille PhotoMilano